ROSY MANTOVANI ..sono e rimangono pur sempre dei meravigliosi fiori cresciuti nelle distese di asfalto
Italiano
Italiano
Home » CRITICA

CRITICA

CROCIFISSIONE

CROCIFISSIONE - ROSY MANTOVANI

Non è raro che un artista riprenda temi e soggetti già affrontati, per rivisitarli e proporli con nuove istanze, pur mantenendone i canoni primari che hanno originato l’opera prima. 

La terza Opera sul tema, proposta da Rosy Mantovani,  conserva gli stilemi caratterizzanti le prime due versioni. Se già il Cristo, della seconda versione, rappresenta un tassello temporale e spirituale avanzato, rispetto alla prima, la terza crea un corto circuito.

Rosy Mantovani si colloca tra quegli artisti la cui sensibilità rappresenta il criterio motivante del fare arte, nelle sue opere confluisce il sentire il mondo esterno con tutti i sensi della ragione e dell’anima. Questo il flusso che ci coinvolge in questa terza opera e che condensa le prime due, Crocifissione e Resurrezione;        nel mentre tutto è accaduto, tutto è mutato, gli ultimi tre anni hanno profondamente inciso, in modo drastico, sull’intera umanità, non sarebbe stato possibile riproporre il tema con la stessa modalità. Questo Cristo ha perso la sua essenza, si sta sfaldando, l’uomo gli ha voltato le spalle, viene meno la speranza, le macerie sulle quali è sospeso richiamano  la guerra e, metaforicamente, la nostra società. Mette in crisi la certezza della vita eterna, precipitando lo spettatore nell’incombente vuoto cosmico e, nel contempo, rappresenta un atto di accusa e un richiamo a maggior senso di umanità e responsabilità affinché un nuovo Horror Vacui non ci travolga. È un’opera, questa, intrisa di silenzioso sgomento, interrotto dal dinamismo, sulla base inferiore, che crea una sorta di gorgo e richiama, per inevitabile associazione, le parole di  Pavese “scenderemo nel gorgo muti” .

 

Testo critico a cura di Stefania Maggiulli Alfieri

Sociologa, storica dell’arte e critica

RESURRECTIO

RESURRECTIO - ROSY MANTOVANI

Questa nuova opera, perché di nuovo si tratta, ha la potenza della rivisitazione di sé stessa. Parte da dentro e condensa anni di rinnovamento, collega la strada del prima a quella del dopo, del presente. Rosy Mantovani aveva già espresso un pensiero potentissimo dando vita e umana presenza al cristo- uomo, oggi lo rivede ripercorrendo l’idea arricchita dallo spazio tempo intercorso tra la prima opera e la seconda.

Le differenze sono sostanziali, se nella prima versione vediamo l’uomo-cristo nel dettaglio, estremamente umano in un contesto di disfacimento architettonico espresso anch’esso nei minimi dettagli in questa seconda visione quel cristo-uomo è assurto ad una nuova dimensione. L’immagine sembra sfaldarsi, fondersi con lo spazio anch’esso indefinito, ridotto a scheletro del passato. Il cristo-uomo non più materia diventa suggerimento, veste e si fa portatore dell’inconsistenza dell’umana esistenza, della vacuità che sembra caratterizzare la società contemporanea, ancora simbolo di colui che prende su di sé i mali dell’uomo. Sembra svanire nella luce, essere egli stesso luce.

Questa nuova versione esalta il percorso dell’artista, Rosi Mantovani dimostra come il percorso artistico sia sempre in movimento, uguale e diverso da sé stesso, scava nel suo profondo per esprimere ciò che il tempo ha costruito e sedimentato sul piano della riflessione più intima, l’artista ha il coraggio di rinnovarsi, attenta ai cambiamenti, ponendosi in ascolto con tutti i sensi e rimandandoli all’esterno sempre con puntuale attenzione ai temi sociali e umani.

Testo critico a cura di Stefania Maggiulli Alfieri

CROCIFISSIONE

CROCIFISSIONE - ROSY MANTOVANI

Il realismo onirico di Rosy Mantovani parla dell'uomo attraverso l'uomo, ad esso affida un messaggio universale di umanità in conflitto con sè stessa, nella costante ricerca del sè profondo. La formula coinvolge lo spettatore spingendolo a cercare risposte in sè stesso.

In quest'opera, sulla scorta della storia, ricordiamo Donatello, il Cristo è uomo comune, il contorno parla esso stesso di storia passata, vissuta, descrive un presente in disfacimento, testimone del tutto che scorre e cambia  pur restando, nella semantica concettuale, sè stesso, quì il Cristo-uomo, sdoganato dal peso della croce-materia può elevarsi ai più alti livelli di spiritualità, concependo il miracolo del tutto in eterno divenire.

Testo a cura di Stefania Maggiulli Alfieri

FIORI DELL'ANIMA

FIORI DELL'ANIMA - ROSY MANTOVANI

L’evoluzione contenutistica e l’espressione di un artista seguono, talvolta,  i percorsi più imprevisti, inimmaginabili e improvvisi, pur costituendo e mantenendo saldo il legame con i principi fondamentali che caratterizzano l’insieme della produzione.Nella serie “le Bambine” Mantovani delinea un percorso facendo leva sul profondo, scava tra le angosce personali e interpreta una visione del mondo senza sconti, senza veli e inutili orpelli.Sono, queste, opere che imprimono impronte profonde nella coscienza di chi vi si trova davanti, l’occhio cerca particolari che possano lenire la sensazione di disequilibrio momentaneo che si crea nella coscienza, si intuisce subito che quelle “creature” non sono semplici ritratti, ma hanno funzione di specchio, di rimando emotivo, di atto d’accusa.L’infanzia è argomento con forte presa emotiva, la si vorrebbe sempre avvolta da serenità e bellezza, sollecita senso di tenerezza e protezione, ma l’artista ne mette a nudo verità scomode, usa l’immagine icona dell’infanzia contestualizzandola in un ambiente crudo, inospitale, in qualche modo claustrofobico. Non sorridono le bambine, lo sguardo è , a tratti, assente, rimarcano nella genuinità il senso di impotenza che può cogliere chiunque, spinge a cercarne le ragioni nelle pieghe dei chiaroscuri, negli ambienti accennati suggerti.L’operazione artistica risulta altamente efficace, scuote le certezze creando crepe, mette in luce una società senza futuro e sempre più spesso anestetizzata ai problemi comuni, cieca di fronte al dramma, ecco dunque i soggetti assumere valore iconico, non più l’infanzia simbolo ma la società provata dall’anelito di potersi proiettare verso il domani. Sono presenze – assenze che abitano lo spazio pittorico, appaiono di passaggio, hanno la consistenza dei pensieri e la morbidezza della malinconia.La scelta del monocromatico accentua la dimensione onirica, l’impressione mobile della memoria, una memoria che l’artista vuole collettiva, un invito ad uscire dal torpore e agire.In queste opere ognuno può ritrovare se stesso e riconoscere le criticità dell’uomo contemporaneo.Un invito a riflettere sulle infinite possibilità e responsabilità che ognuno ha nei confronti dell’ambiente fisico e sociale nel quale vive, qui rappresentato come infanzia negata.

Testo critico a cura di Stefania Maggiulli Alfieri

SOGNATE PARVENZE DEL REALE

SOGNATE PARVENZE DEL REALE - ROSY MANTOVANI

Se nel romanzo di Andrè Malraux è la morte a essere presupposta, neppure tanto velatamente, la condizione umana che Rosy Mantovani fa trasparire dalle sue opere racconta se mai la solitudine, viepiù rimarcata da una moderna comunicazione tuttora ardua malgrado le tecnologie a disposizione. La ferrosa realtà urbana – come sottolinea in una nota critica Emanuela Fortuna – emerge non solo negli scorci fuggenti fra strade desolate, dismessi macchinari e fantasmi di ciminiere; essa viene a ricoprire, quale vago substrato onirico, perfino la sintesi progressiva dei volti magistralmente dipinti e per certi versi sconsacrati dall’artista lombarda. Caligini biancovestite, lise coltri ragnate di bruma industriale, dalle quali lo sguardo però si inerpica addolcito dall’eleganza del segno grafico in tutta la sua forza animale e animistica. Il tutto proteso a risolvere ritratti avvolti, per quanto sia possibile, da una screziata luccicanza di umbratili monocromie. Quasi un duplice ossimoro atto a ulteriormente definire le direzioni concordi o inverse di una precisa espressione visiva.

Testo critico a cura di Norman Zoia

LA CIFRA STILISTICA

LA CIFRA STILISTICA - ROSY MANTOVANI

Nelle opere di Rosy Mantovani la luce è un lone che danza sulle spalle dei suoi personaggi come una promessa di non facile comprensione, un alone che si frantuma contro le macerie dell’industria, un’aurea che trasfigura il reale in un sussurro di emozioni, stati d’animo e voci dell’anima. L’arte di Mantovani è un dialogo tra ombre e risvegli, tra corpi che fluttuano come fantasmi nel tessuto della storia e paesaggi che respirano con la pesantezza del tempo, in una visione che è un’interpretazione della realtà come palcoscenico della vita. Le sue donne, esili, smarrite, splendide, sono metafore di un’umanità sospesa tra bene e male, tra gioia  e dolori, tra certezze e contraddizioni. Non sono ritratti, ma apparizioni, corpi e spirito amalgamati in condizioni oniriche. Gli occhi delle sue protagoniste, spesso fissi in lontananza o persi in uno sguardo immersivo, raccontano storie non dette, ferite nascoste, desideri che bruciano silenziosi. Attraverso le sue figure emerge la personalità dell’artista, in un’autobiografia visuale. Lo stile di Mantovani è un’alchimia tra realismo e informalità, un gioco di strati che richiamano l‘incertezza della memoria; dipinti con una minuzia quasi maniacale, ma svaniscono in sfumature indefinite, come a sottolineare l’inarrestabile dissolvimento del tempo che passa. I volti che non ridono, le mani protese verso il vuoto, i corpi avvolti in abiti che sembrano di dimensioni parallele, le industrie e la campagna che lottano nella scena, i dettagli architettonici, non sono mere ambientazioni, ma personaggi che parlano di solitudine. Sono specchi che riflettono stati d’animo delle figurazioni, ma anche del’artista, attraverso l’idea di identità frammentaria, mentre le gocce di colore oro, sparse come lacrime divine, mostrano che la bellezza può germogliare anche dalle rovine.Le opere di Mantovani sono libri aperti. Le sue figure femminili non sono semplici simboli di fragilità, ma entità complesse, al contempo, vittime e custodi di un patrimonio emotivo potente e articolato. Per Mantovani la vita non è un dramma da superare, ma un’esperienza da contemplare. Le sue opere sono un invito a riconoscerci nelle crepe delle cose, a trovare bellezza nella decadenza,m a sentire il battito del cuore nell’eco del passato irreparabile. La passione non è esplosione, ma persistenza e quelle figure immobili sono carico di una tensione accumulata, come se ogni secondo trattenuto fosse un atto di ribellione. Attraverso una sintesi di tecnica e poesia, Rosy Mantovani costruisce mondi dove il dolore si trasfigura in leggerezza e dove ogni opera è un’apertura verso un dialogo eterno con l’altro, con sé, con il tempo. La sua arte è un’amara cartolina della condizione umana: delicata, talvolta crudele, infinitamente vera.

 

Rosy Mantovani Art, un'artista raffinata e capace di elevare a opere d'arte le sue percezioni, la sua capacità di analisi del mondo che le ruota intorno.
Mantovani parla mediante una sintassi cromatica a due dimensioni: in primo piano, le ragazza individuate quasi per caso in mezzo alla strada. Con i loro sguardi pieni di parole e saturi di emozioni contrastanti, di vissuti forti, talvolta negativi.
Figure immerse in contesti urbani, eppure sole.
La seconda dimensione è quella degli sfondi: una strada di città, una stazione, una fabbrica. Sono contesti che fanno pensare a un mondo che non piace e che l'artista vorrebbe cambiare, proprio come quelle figure che sono anche estroflessione di sé.
Ma la stazione è anche paura e speranza. La ragazza è metafora delle nostre speranze e delle paure che spesso ci bloccano e non ci consentono di partire, di cambiare, di fare qualcosa di diverso.

Testo critico a cura di Pasquale di Matteo